La norma UNI EN 13432
Attualmente i termini biodegradazione, materiali biodegradabili, compostabilità ecc. sono molto comuni ma frequentemente mal utilizzati e sorgente di equivoci.
La norma europea EN 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione- Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi”, recentemente adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432, risolve questo problema definendo le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile". Questa norma è un punto di riferimento per i produttori di materiali, le autorità pubbliche, i compostatori e i consumatori.
Secondo la UNI EN 13432, le caratteristiche che un materiale compostabile deve avere sono le seguenti:
- Biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica. Questa proprietà è misurata con un metodo di prova standard: il EN 14046 (anche pubblicato come ISO 14855: biodegradabilità in condizioni di compostaggio controllato). Il livello di accettazione è pari al 90% da raggiungere in meno di 6 mesi.
- Disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva). Misurata con una prova di compostaggio su scala pilota (EN 14045). Campioni del materiale di prova sono compostati insieme con rifiuti organici per 3 mesi. Alla fine il compost viene vagliato con un vaglio di 2 mm. La massa dei residui del materiale di prova con dimensioni > 2 mm deve essere inferiore al 10% della massa iniziale.
- Assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio. Verificata con una prova di compostaggio su scala pilota.
- Bassi livelli di metalli pesanti (al di sotto di valori massimi predefiniti) e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante). Una prova di crescita di piante (test OECD 208 modificato) è eseguita su campioni di compost dove è avvenuta la degradazione del materiale di prova. Non si deve evidenziare nessuna differenza con un compost di controllo.
Altri parametri chimico-fisici che non devono cambiare dopo la degradazione del materiale in studio: pH; contenuto salino; solidi volatili; N; P; Mg; K. Ciascuno di questi punti è necessario per la definizione della compostabilità ma, da solo, non è sufficiente. Ad esempio, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché deve anche disintegrarsi durante un ciclo di compostaggio.
D’altra parte, un materiale che si frantuma durante un ciclo di compostaggio in pezzi microscopici che non sono però poi totalmente biodegradabili non è compostabile.
La norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia è stata riportata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee e pertanto deve esser recepita in Europa a livello nazionale e fornisce presunzione di conformità con la Direttiva Europea 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.

 

La norma EN13432 è stata di recente sostituita dalla norma EN14995:2006 "Evaluation of compostability - Test scheme and specification" pubblicata in data 13/12/2006. Ulteriori informazioni in merito saranno pubblicate appena possibile

 

La biodegradazione

E' un concetto che è familiare a tutti. I materiali organici naturali, che derivano cioè da esseri viventi, giunti al suolo tendono progressivamente a decomporsi, a sparire. Questo fenomeno è molto importante per l'ambiente che deve liberarsi dai rifiuti e dalle scorie per far posto alla nuova vita. Gli alberi, le piante, le alghe assumono anidride carbonica dall'atmosfera e la utilizzano per sintetizzare zuccheri e, da questi, tutte le altre numerosissime sostanze presenti in natura, grazie al "motore", il sole, fonte inesauribile di energia.
Questo meccanismo si incepperebbe velocemente, però, se non esistesse la possibilità inversa, cioè quella che permette di liberare anidride carbonica a partire dalla materia organica. Quindi il processo di biodegradazione ha, nell'equilibrio naturale, pari dignità col processo inverso di fotosintesi, di cui rappresenta l'esito e nello stesso tempo la partenza.
Ruolo importante nella biodegradazione è quello dei microrganismi, che presenti in qualunque ambiente, vivono coi rifiuti organici occupando l'ultimo anello della catena alimentare.
La materia organica viene così ritrasformata in anidride carbonica con la chiusura del ciclo naturale.

La biodegradazione delle materie plastiche

Storicamente, una delle caratteristiche positive che ha permesso il largo sviluppo commerciale delle plastiche è la loro resistenza all’attacco microbico, ossia la non-biodegradabilità.
Per molti usi e molte applicazioni è necessario avere materiali che siano inerti all’attacco dei microrganismi che, in maniera ubiquitaria, colonizzano i vari ecosistemi naturali. I tubi di plastica a contatto col suolo o in esso interrati, i film esposti alle intemperie o usati in luoghi umidi e caldi (es. le tende delle docce): in tutti questi casi, la crescita di muffe non solo rappresenta un danno estetico ma spesso costituisce una perdita di funzionalità del prodotto.
Tuttavia, è ben nota a tutti l'altra faccia della medaglia: la non biodegradabilità delle plastiche le rende "ingombranti" da un punto di vista naturale. La fase di biodegradazione, opposta alla sintesi nell'equilibrio della natura, è inceppata nelle plastiche.
Le conseguenze di questo "disequilibrio" sono problematiche per la nostra società: le discariche controllate si esauriscono velocemente, inondate da centinaia di migliaia di tonnellate di prodotti di plastica; nei campi svolazzano brandelli di film utilizzati sempre di più per le pratiche agricole; la risacca accumula nelle spiagge bastoncini e altri prodotti multicolori, arrivati coi fiumi dagli scarichi cittadini.

Il compostaggio
Nell'ultimo decennio è nato un grosso interesse per l'utilizzo del compostaggio come opzione per il trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani.
In realtà, il compostaggio dei rifiuti organici non è una novità. Anzi, è una tecnologia piuttosto anziana che è stata accantonata in quanto economicamente svantaggiosa rispetto all'uso della discarica, in tempi in cui gli spazi erano ancora numerosi e non erano noti i problemi legati all’interramento di rifiuti organici (inquinamento delle falde acquifere, produzione incontrollata di biogas, odori molesti). Il compostaggio è un fenomeno spontaneo. E’ forse capitato a qualcuno di vedere, in campagna, cumuli di materiale organico (rifiuti, escrementi, segatura, trucioli di legno, ecc.) produrre calore ed esalare vapore, come se fosse in atto una combustione senza fiamma. In realtà il materiale non brucia, anche se il fenomeno che è alla base dello sviluppo di calore non è poi così differente dalla combustione. Un cumulo di rifiuti organici è appetibile per i microrganismi normalmente presenti nell’ambiente. Se il tenore di acqua è sufficientemente alto, i microrganismi cominciano a consumare le sostanze nutritive, ossia a degradare le molecole organiche, producendo anidride carbonica, acqua e calore (biodegradazione).
Tale calore, a causa della forma del cumulo, che ha poca superficie esposta all'atmosfera rispetto al volume interno, si dissipa con difficoltà. La temperatura della massa si accresce sempre di più, fino a raggiungere valori elevati, fino a 60-70 gradi centigradi. L’alta temperatura aumenta la velocità di degradazione cosicché il compostaggio, controllato in impianti specifici, diventa un sistema accelerato di trattamento dei rifiuti organici. Alla fine del processo il rifiuto iniziale si è trasformato in una sostanza che è del tutto simile all'humus, la parte fertile del terreno, ricca di sostanze organiche.
Questo prodotto è chiamato compost e può essere utilizzato come ammendante dei suoli agricoli, per migliorare la costituzione fisico-meccanica e la fertilità grazie all'apporto di sostanza organica.

Il compostaggio dei rifiuti urbani.
Il trattamento dei rifiuti solidi urbani mediante compostaggio presenta, in linea teorica, aspetti estremamente positivi. Con il compostaggio si ottiene una trasformazione radicale del materiale di partenza. Il rifiuto fresco ha un odore acre ben presto tendente al putrescente, un aspetto esteticamente spiacevole ed una notevole pericolosità igienica. Il compost assume l'odore e l'aspetto del suolo fertile ed è sanitizzato e stabilizzato in quanto privo di microbi patogeni e di materiale putrescibile.
Inoltre il compost è meno pesante, occupa meno volume, ha un minore contenuto d'acqua e quindi non rilascia liquami. E' cioè un prodotto che può essere trattato, ossia trasportato, stoccato, manipolato, con modalità ben differenti da quelle necessarie per il materiale di partenza che, dopo la raccolta, deve essere urgentemente neutralizzato mediante interramento in una discarica o mediante distruzione termica in un inceneritore.
"L'emergenza rifiuto" è anche dovuta al fatto di dover trattare un materiale per molti versi difficile. L'utilizzo del compost in agricoltura rappresenta poi la chiusura di quel ciclo interrotto con l'urbanizzazione, lo spopolamento delle campagne, l'adozione di pratiche agricole intensive basate sull'utilizzo di fertilizzanti inorganici al posto del concime di una volta.
Il materiale organico, allontanato dai campi per arrivare ai nostri supermercati, tornerebbe al luogo di origine sotto forma di compost, ossia sostanza adatta a mantenere la fertilità, prevenire l'erosione dei suoli, diminuire il dilavamento dei fertilizzanti inorganici, ostacolare l'insorgenza di microrganismi patogeni per le piante, tanto per citare alcuni degli aspetti positivi riscontrati nell'applicazione del compost.

Il compostaggio delle plastiche
Se nel rifiuto solido urbano sono presenti oggetti di plastica non biodegradabile, questi finiranno nel compost finale, pressoché inalterati. L'uso di vagli a valle del processo può ridurre questo problema ma solo parzialmente, perché solo gli oggetti più voluminosi verranno scartati ma non quelli più piccoli. Un compost contenente pezzi di plastica viene considerato di bassa qualità e non adatto per usi agricoli.
Questo è la ragione per cui le prime esperienze di compostaggio fatte negli anni '60 erano tutte finite in modo fallimentare. Gli impianti trattavano rifiuti solidi urbani non differenziati e producevano perciò compost non vendibile, pieno di vetro e plastica.
Attualmente il compostaggio è applicato su rifiuti selezionati, contenenti cioè solo materiale organico biodegradabile.
Le plastiche tradizionali sono bandite. Viceversa le plastiche biodegradabili sono ammesse al compostaggio, ma solo se rispondono ai criteri stabiliti dalle norme che definiscono i materiali compostabili.

Le plastiche compostabili
Per i rifiuti organici naturali, quali i rifiuti di cucina, gli scarti delle verdure dei mercati ortofrutticoli, le potature e gli sfalci erbosi, ecc. non si pone il problema di assicurarsi della loro compostabilità. I materiali naturali sono biodegradabili e non bisogna ovviamente dimostrarlo. Viceversa, i materiali fatti dall’uomo possono essere non biodegradabili, possono contenere sostanze inquinanti o dare origine a sostanze tossiche.
Quindi una plastica, per poter essere definita compostabile deve essere vagliata. Come? Esistono delle norme tecniche che definiscono le caratteristiche che deve possedere un materiale per poter essere chiamato “compostabile”.
Il compostaggio di materiali non compatibili, già avvenuto in passato in assenza di regole e nell’anarchia delle definizioni e dei metodi di prova, e che ha creato molti danni, specie nella fiducia degli utenti e dei tecnici responsabili degli impianti di compostaggio, non è attualmente più possibile grazie alla norma europea EN 13432.